gio 29 maggio: 21.00
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Metti insieme dei nomi che fanno parte di un sistema, quello dell'arte, consolidato, basato su regole proprie, ma che in qualche modo funzionano. Un sistema che crea idee, immaginari, pensieri che cercano di fare il punto su situazioni complesse, ponendo lo sguardo su tematiche sociali, politiche, umane.
Il complotto di Tirana è un racconto che parte da questi presupposti che, in maniera quasi analitica, vengono scardinati attraverso una boutade pensata nel tempo che coinvolge alcuni protagonisti del mondo dell'arte visiva italiana. Giancarlo Politi, il fondatore di Flash Art, la rivista italiana e internazionale che dal 1967 ha fatto la storia e le storie dell'arte contemporanea insieme alla moglie Helena Kontova, nel 2000 invita il fotografo Oliviero Toscani a curare una sezione della prima edizione della Biennale d'arte di Tirana. Il progetto di una Biennale nella capitale albanese naturalmente rappresentava un segnale, da parte del mondo della cultura, importante sotto i diversi aspetti che sarebbero stati toccati grazie alle visioni degli artisti invitati. Tematiche estetiche e socio-politiche delicate in un luogo che sarebbe stato, per il periodo della kermesse, un crocevia sicuramente molto osservato, chiacchierato e criticato. Chiamare Toscani, il fotografo provocatore per eccellenza, colui che, negli anni ottanta, cercò di sovvertire dei sistemi estetici ed etici trattando, in maniera molto diretta, mai velata e a volte volutamente volgare, temi legati agli stereotipi di genere, di razza, contro quel bon ton della società italiana borghese, era chiaramente un atto provocatore da parte del direttore di Flash Art. I due, oltretutto, non si amavano particolarmente, poiché Politi nella sua lista degli attori dell'arte (lista sacralmente seguita da tutto il sistema) aveva inserito Toscani tra gli ultimi posti. Non all'ultimo però. Il documentario inizia proprio a casa di Toscani. Un Toscani però fittizio che racconta lo sviluppo del progetto. Dopo aver seguito i passi che hanno portato dalla chiamata al fotografo fino alla creazione di questa sezione della biennale attraverso l'invito in particolare di quattro artisti un po' fuori dagli schemi, controversi ognuno a proprio modo, lo spettatore si trova al centro di un progetto artistico che ha risvolti politici, giuridici e sociali molto forti. Gli artisti invitati da Oliviero Toscani alla Biennale sono Dimitri Bioy, videomaker e fotografo dalle forti pulsioni legate alla pedofilia; Marcello Gavotta, anch'egli legato a un immaginario diciamo di 'nicchia', quello della pornografia; l'artista e attivista africana Bola Equa, e Hamid Picardo, il fotografo ufficiale di Bin Laden, allora sotto i riflettori. Siamo alla vigilia dell'11 settembre. Dato non trascurabile per questo film che inizia ad assumere aspetti noir. Dopo aver seguito e assimilato le opere dei quattro artisti, i primi passi - ad esempio la locandina creata da Toscani provocatoria che viene immediatamente censurata dal governo albanese - che portano lo spettatore ad entrare e apprezzare in qualche modo il progetto della Biennale, ecco il colpo di scena. Il regista torna a casa di Oliviero Toscani, quella vera. E incontra il Toscani reale il quale aveva ricevuto lettere, denunce, lamentele sul suo operato. Il fotografo non sapeva nulla. Non era a conoscenza della Biennale, del contatto con Politi, di cui erano presenti molte mail risultato di un lungo scambio tra il direttore e il fotografo, degli artisti nominati. Toscani non sapeva nulla. Non era stato lui. Gli artisti non esistevano. Erano stati creati da qualcuno che si era messo nei panni del fotografo italiano. Il regista, affascinato da questo mondo che, appunto, ha regole tutte sue, indaga con minuzia ed ironia il progetto sotto i suoi diversi aspetti, cercando i motivi, i moventi che hanno portato alla creazione di artisti e opere inesistenti, trovando il misfatto. Il film, narrato con uno stile documentativo con inserimenti dall'aspetto di cinema thriller, scompone parti di un sistema basato sulle idee e sulle operazioni degli artisti. Da subito si pensa a Maurizio Cattelan come possibile ideatore del progetto legato agli artisti inesistenti. Cattelan era uno degli artisti invitati alla Biennale da Politi. Ma Maurizio non sarebbe mai stato così politico, così volgare, così esposto. E infatti è una via che non viene percorsa. Ma chi ha creato i profili così ben realizzati di Gavotta, Bola Equa, Bioy e Picardo? Chi è riuscito a convincere il direttore di Flash Art di essere Toscani? La seconda parte del film lo svela, dedicandone l'intero finale al vero protagonista. Un personaggio ambiguo, intelligente e controverso come i suoi artisti inventati a cui ha fatto prendere vita. Un artista che, nel mondo dell'arte, si è conosciuto e di cui si è parlato. E comunque anche Maurizio Cattelan non ne sapeva nulla. (Rossella Farinotti - MYmovies)
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