gio 5: 21.00
Ospite il regista Aureliano Amadei
Hanno nomi bizzarri, dal punto di vista dell'anagrafe italiana: Ram, Tdzaddi, Yesan, Icaro, Hiram, Amaranta. Hanno viaggiato molto da bambini, soprattutto in India e Nepal, ma anche in Brasile, Perù, Egitto, Cipro, Africa subsahariana: e non l'hanno fatto in resort attrezzati, bensì in situazioni estreme, ospitati da amicizie occasionali, seguendo il percorso di conoscenza dei genitori. Sono i figli dei figli dei fiori, come direbbe Francesco De Gregori, quelli che negli anni Settanta venivano definiti hippie, capelloni o fricchettoni. Sperimentavano droghe (e per molti l'eroina è stata fatale), hanno rifiutato la 'vita ordinata dell'uomo medio', sono vissuti in comuni adottando un concetto di famiglia assai diverso da quello tradizionale. I loro figli hanno usufruito di una libertà incontrollata e spesso si sono ritrovati sballottati e confusi, da adolescenti hanno cercato di superare i genitori in eccesso dei limiti. E oggi, diventati a loro volta genitori, si chiedono come allevare i propri figli: se trasmettendo loro gli ideali dei nonni o scegliendo la via di una (almeno parziale) normalizzazione.
Nel documentario I nipoti dei fiori Aureliano Amadei racconta la sua personale esperienza da figlio di due genitori membri della generazione 'più anticonformista della Storia', e intervista i suoi coetanei, oggi fra i quaranta e i cinquant'anni, con alle spalle una storia simile alla sua. C'è la figlia di due femministe con cinque compagni e sei figli, l'adolescente lasciato per mesi a vivere praticamente da solo mentre il padre inseguiva un guru indiano, l'ex bambina che ha avuto per babysitter Roberto 'Freak' Antoni e se l'è ritrovato collassato nel bagno di casa. Sono cresciuti fumando hashish come rito di amicizia e di ascolto, alle feste di compleanno portavano in regalo oggetti indiani o manufatti artigianali invece dell'ultimo modello di playstation, e andavano a scuola da soli (o non ci andavano affatto) perché i genitori dormivano fino a tardi. Ma frequentavano anche un mondo fatto di condivisione, musica e teatro, di creatività e immaginazione, curiosità e ricerca. Se gli acidi erano all'ordine del giorno era per 'varcare le soglie della percezione'; se, come ricorda Amadei, 'mi scordavano un po' dappertutto', erano comunque genitori amorevoli. E se oggi questi figli dei figli dei fiori 'si ritengono in qualche modo dei sopravvissuti' a un'epoca di eccessi e di mancanza di regole, sono anche in parte grati per la loro educazione non convenzionale. Gli intervistati si raccontano senza reticenze, ricordando episodi clamorosi e responsabilità troppo grandi, compresa quella di dovere occuparsi dei propri genitori; ammettono la vergogna nell'essere cresciuti sentendosi sempre diversi dai coetanei e il bisogno di costruirsi quei limiti che non erano stati loro dati. Ai propri figli un po' cercano di dare loro una struttura più solida, un po' di perpetuare quei valori di libertà e autonomia che hanno appreso, sentendosi, come dice Amadei, 'aggrediti dal mondo, soli contro tutti', nel non voler cedere al consumismo imperante. 'Una parte di me li vorrebbe liberi e sperimentatori, un'altra tende invece a conformarsi', riconosce un intervistato. I nipoti dei fiori mescola testimonianze e filmati d'archivio, home movies e audio d'epoca, immagini rielaborate artisticamente e momenti di riflessione sospesa. Scritto dallo stesso Amadei insieme a Ilenia Amoruso e montato da Silvana Costa, il documentario ricostruisce il tessuto variegato di un'esperienza che il presente tende a rimuovere, un po' perché quella generazione non ha fatto la rivoluzione che voleva, un po' perché quell'energia e quella vitalità oggi sembrano non esistere più. (Paola Casella - MYmovies).
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